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L’importanza dei Brevetti

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Nel mio lavoro di Consulente in Brevetti incontro quasi quotidianamente tecnici, imprenditori e privati che, per un motivo o per un altro, si affacciano al modo dei Brevetti, spesso per la prima volta.

A prescindere dalla giustificatissima “ignoranza” in merito a quello che è l’istituto del “Brevetto per Invenzione” o per “Modello di utilità”, ho notato che l’approccio dei potenziali inventori oscilla tra due estremi: ci sono i fanatici della brevettazione,  convinti che per lo sviluppo della loro idea sia assolutamente necessario chiedere ed ottenere un brevetto internazionale (che per inciso non esiste… al limite esiste una domanda di brevetto internazionale), e poi ci sono i diffidenti a prescindere,  convinti che brevettare non serva a nulla, “tanto gli altri cambiano qualcosa ed il brevetto non vale“.

Ho imparato nel tempo e con la pratica, seguendo i progressi brevettuali ma soprattutto commerciali di una pluralità di clienti, che la verità (come spesso nella vita…) sta nel mezzo.

 

Non è vero che brevettare non serve a nulla…è vero piuttosto che brevettare non serve se non si è creato qualcosa degno di tutela.

 

La convinzione che brevettare sia inutile si è radicata in chi ha depositato domande di brevetto scritte “in casa” o “in azienda“, convinto di saper scrivere un brevetto da solo, ed aiutato inquesta convinzione dal fatto che in Italia i brevetti venivano concessi senza alcuna forma di esame di merito (fino al 2008).

Nella stragrande maggioranza dei casi in cui sono stati portati in Tribunale, quei brevetti casalinghi non hanno retto la prova dell’esame da parte di un Consulente Tecnico, a prescindere dalla bontà del prodotto che tutelavano.

I titolari di quei brevetti avrebbero dovuto sapere che un brevetto è fatto di SOSTANZA (l’innovazione) rivestita di FORMA (la tecnica brevettuale con cui deve essere redatta la domanda), e che se non si è capaci di identificare correttamente l’innovazione e di formulare chiaramente le rivendicazioni…allora è vero che brevettare non serve a nulla!

Quando invece un brevetto è ben scritto, costituisce una forma di tutela facilmente e rapidamente attivabile, persino in Italia dove in altri settori i tempi della giustizia sono notoriamente piuttosto lunghi.

Al tempo stesso diffido spesso i miei clienti dall’eccessiva smania di brevettazione. Non ha senso depositare una domanda internazionale se, realisticamente, lo sviluppo commerciale del prodotto darà limitato all’Italia o, al massimo, ad alcune nazioni europee. Al contrario il deposito di una domanda di brevetto in Italia, o al limite in Europa, consente di risparmiare risorse economiche che, specialmente per le Piccole Imprese e le Start-up, sono importantissime e possono essere meglio investite nello sviluppo commerciale di un prodotto.

E’ evidente quindi che solo una valutazione caso per caso della brevettabilità di un prodotto da un punto di vista tecnico ed una accurata valutazione dei costi immediati e futuri connessi alle varie strategie brevettuali possono consentire ad un inventore di decidere a ragion veduta della effettiva convenienza brevettuale.

In sintesi quindi brevettare serve (e molto!) se si ha qualcosa di “nuovo”, se si ha intenzione di sfruttarlo commercialmente e se ci si affida ad un professionista competente per la redazione dei documenti necessari.

Per ulteriori informazioni  e chiarimenti, potete contattarmi qui, o visitare il sito della società con cui effettuo consulenza in Proprietà Industriale.

Introduzione

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Questo di introduzione è il primo post che pubblico sul mio nuovo sito, ancora in costruzione … non che questo sia un problema per chi lavora (anche) sui cantieri!

Come tutti i liberi professionisti (ed in particolare gli ingegneri!), mi trovo ad affrontare nel quotidiano problemi apparentemente slegati gli uni dagli altri: mi occupo di brevetti, ambiente, energia, sicurezza.

In tutti questi campi le necessità delle aziende e la responsabilità professionale mi spingono ad affrontare i problemi cercando soluzioni tecniche adeguate e verificandone la rispondenza alla normativa applicabile e la convenienza economica. Il vero legame tra queste materie è quindi il “metodo” con cui le affronto, pratico ma al tempo stesso rigoroso.

Ho avuto (ed ho tuttora) la fortuna di collaborare con società e professionisti che, da subito, mi hanno consentito di sporcarmi le mani e lavorare in prima linea nei rapporti con i clienti, con i problemi tecnici e con Enti e Istituzioni.

Ho accumulato in questa maniera una esperienza “trasversale”e difficile da definire. Il problema si pone quando, in poche parole, mi viene chiesto “di cosa ti occupi?” … finisco per dare sempre risposte sempre vere ma parziali.

A volte mi presento come Consulente in brevetti, a volte come professionista antincendio, a volte rispondo che mi occupo di impianti di produzione da rinnovabili, altre ancora che faccio progettazione industriale.

Questo nuovo progetto nasce dall’esigenza di ordinare e condividere una vasta gamma di esperienze accumulate in anni di professione, certo che la condivisione ed il confronto saranno fonte di crescita

Gabriele Conversano

La gestione delle acque meteoriche in Puglia

In questo post riassumerò gli adempimenti connessi all’autorizzazione ed al rinnovo della autorizzazione allo scarico delle acque meteoriche, secondo la normativa vigente in Puglia.

La normativa regionale che disciplina il trattamento delle acque meteoriche è il regolamento regionale 26/2013.

Dal punto di vista di un imprenditore, è opportuno sapere che, prima della realizzazione delle opere, i titolari di scarichi di acque di dilavamento devono chiedere autorizzazione al Soggetto Gestore della rete fognaria, che entro 90 giorni risponderà autorizzando l’immissione o comunicando l’impossibilità tecnica (ad esempio perchè le dimensioni delle condotte non consentono alla rete fognaria di accogliere ulteriori scarichi rispetto a quelli già presenti).

Nei casi in cui invece non sia presente una rete fognaria separata per le acque meteoriche (fogna bianca) , il titolare di insediamenti industriali, artigianali, commerciali e di servizio che comprendano superfici scolanti superiori a 5.000 mq è tenuto a chiedere autorizzazione alla Provincia prima della realizzazione delle opere. Se la superficie scolante è inferiore a 5.000 mq, sarà sufficiente inviare una Comunicazione, alla quale la Provincia potrà rispondere imponendo prescrizioni entro 90 giorni.

Nel caso di attività in cui l’attività è considerata pericolosa per il possibile dilavamento di sostanze pericolose, l’Autorizzazione va richiesta anche per superfici scolanti inferiori a 5.000 mq. Sono considerate attività pericolose, tra le altre, le aziende tessili, le aziende di produzione calcestruzzo, le autofficine e le carrozzerie, i depositi ed i centri di raccolta di rifiuti, i depositi di veicoli o di rottami, le stazioni di servizio.

Una volta ottenuta l’autorizzazione, la stessa è valida per quattro anni, e la domanda di rinnovo va presentata un anno prima della scadenza.

Da un punto di vista tecnico, ferma restando la necessità di effettuare per ciascun caso specifico un’analisi degli obblighi di legge, si può dire che in linea generale gli impianti di raccolta e trattamento devono essere dimensionati per le portate corrispondenti ad eventi meteorici con tempo di ritorno pari a 5 anni e devono prevedere (almeno) trattamenti di grigliatura e dissabbiatura di tutte le acque e la disoleazione delle acque di prima pioggia rinvenienti dai piazzali (le acque rinvenienti dalle coperture non necessitano di questo trattamento).

Si precisa inoltre che il regolamento 26/2013 già citato prescrive ove tecnicamente possibile l’utilizzo di un sistema di riutilizzo delle acque piovane. L’obbligo vale, al momento del rinnovo dell’autorizzazione, anche per gli impianti autorizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento.

Per ulteriori chiarimenti contattami qui.